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La bicicletta e il paesaggio

La passione per il ciclismo ad Arenzano ha una lunga storia. La prima corsa importante che è transitata da noi lungo l’Aurelia è stata la Milano Sanremo del 1907 che non ho visto ma di cui ho trovato un’immagine: il corridore in fuga, Giovanni Gerbi detto il Diavolo Rosso (per il carattere focoso e per il colore della maglia) ispiratore anche di una canzone di Paolo Conte intitolata, appunto, “Diavolo Rosso”, arriva in cima alla Colletta gremita di appassionati, molto più numerosi di adesso. Era uno sport eroico, molto diverso da quello attuale, per la condizione delle strade, fangose o polverose a seconda delle condizioni meteo, per le biciclette molto pesanti e senza rapporti, per la preparazione fisica degli atleti, per l’alimentazione… Eberardo Pavesi, pioniere del ciclismo dei primi anni del secolo e poi direttore sportivo fino agli anni sessanta, racconta di una durissima tappa del Giro d’Italia in cui due suoi compagni, Ganna e Galetti, solitamente tra i migliori, arrancavano in salita tra gli ultimi a causa di una salsa avariata con cui avevano condito (!) il minestrone la sera prima. Sanremo 1907: Giovanni Gerbi in fuga sualla Colletta
L’alimentazione era lasciata all'inventiva dei singoli… Proseguendo nel racconto, Pavesi ricorda che partecipavano al Giro, per divertimento, i due fratelli  Goi, molto benestanti; correvano appunto per partecipare, senza interessi competitivi, erano sempre tra gli ultimi e si fermavano qualche volta all'osteria o a fumare delle sigarette se non proprio la pipa. In quella tappa i due fratelli, straordinariamente, erano davanti ai due campioni in difficoltà perché impegnati spesso a… concimare i prati a causa della dissenteria. Per questo quando se li videro davanti Galetti, che neppure li conosceva, rimase sbalordito e pensò di vederci doppio (i due gemelli erano proprio uguali) e di avere le traveggole. “Carlo, ma noi siamo due gemelli e fumiamo veramente, non ti preoccupare” fu la risposta, molto signorile e garbata, di uno di quei due sportivi. Comunque episodi clamorosi di … concimazione dei prati sono accaduti anche recentemente, nel 2017 il vincitore del Giro, l’olandese Tom Dumulin, ha perso alcuni minuti nel corso di una tappa relativamente facile a causa di un inconveniente di questo tipo (anche se non penso proprio per un minestrone condito con salsa avariata…) e riguardo al fumo, al termine del Tour del 1960, il vincitore Gastone Nencini, uno dei soli sette italiani vincitori in terra di Francia nel corso di oltre un secolo, è apparso sulla copertina di tutti i giornali francesi seduto sul prato del Parc des Princes di Parigi mentre fuma tranquillo una sigaretta al termine di quella lunghissima ma vittoriosa fatica.

Arenzano non è famoso per episodi eroici del ciclismo, però i corridori che hanno vinto le tappe del Giro con arrivo nel nostro paese, sempre davanti al Gran Hotel, sono stati tre campioni. Nel primo caso, nel 1925, su strade sterrate, come si vede nella foto, vinse Girardengo, il primo Campionissimo, davanti al vincitore del Giro di quell’anno, Alfredo Binda, e a Giovanni Brunero, di cui si vede soltanto l’ombra. I tre erano, assieme a Belloni, i migliori ciclisti italiani dell’epoca. A proposito di Binda e Brunero voglio raccontare un episodio successo al Giro dell’anno successivo, nel 1926, che testimonia come anche a causa del regolamento il ciclismo fosse uno sport molto diverso da quello attuale. Infatti in caso di problemi meccanici o rottura della bici bisognava effettuare da soli la riparazione sotto l’occhio vigile di severissimi commissari. Anche in caso di caduta non era possibile soccorrere gli atleti, neppure toccarli, a meno di squalifica. Nel 1926 Binda, grande favorito e vincitore l’anno precedente, era caduto e, avendo battuto la testa, aveva perso i sensi. Per non incorrere nella squalifica il direttore sportivo Pavesi lo aveva fatto rinvenire… con una secchiata d’acqua! Binda si era rialzato e aveva ripreso la corsa … nel senso contrario. Rimesso (a urli e bestemmie) nella direzione giusta, era riuscito a piazzarsi secondo in classifica alle spalle del compagno Brunero!
Giro d’Italia 1925: Girardengo batte Binda

Nel 1975, e questa volta finalmente c’ero, vinse Franco Bitossi in volata su Roger De Vaeminck e quella tappa fu decisiva per il Giro: il veneto Giovanni Battaglin, andò in crisi in quella giornata e ne approfittò il suo compagno di squadra e gregario Fausto Bertoglio che portò l’insegna del primato fino al termine fissato addirittura in cima al passo dello Stelvio. Con Franco Bitossi ho parlato alcune volte, è una delle persone più simpatiche che io ricordi, con quel suo accento toscano, il viso affilato da bucaniere (o da ciclista!) e lo sguardo vivo e cangiante. Ricorda volentieri Arenzano ed è tornato in occasione dell’organizzazione dell’ultima volta in cui una tappa è arrivata nel nostro paese, nel 2011, vinta in volata dall’inglese Marc Cavendish, grandissimo specialista, laureatosi campione del mondo in quello stesso anno.

Ci saranno altre occasioni, in futuro, per noi arenzanesi di applaudire i corridori? Difficile e impegnativo organizzare un gran premio di Arenzano, come è stato fatto nel 2006, solo dodici anni fa, vinto dal corridore di Andora Mirko Celestino davanti a Rebellin, ma io spero di si. Spero almeno di continuare a veder passare i corridori qualche volta, anche se il ciclismo non è più lo sport popolare dei primi anni del secolo scorso, quando pullulavano i negozi di biciclette e addirittura era stato costruito un velodromo (scoperto) a Genova alla foce del Bisagno (inaugurato il 20 settembre 1902 con uno sviluppo della pista di 337 metri e le curve rialzate di mt.2,50) ed ancora una pista di legno veniva montata sul campo di calcio di Marassi (nel 1925, sede di incontri ciclistici di altissimo livello). Poi sono venuti altri tempi, il velodromo alla foce è stato sostituito dalla copertura del Bisagno operata dal Duce allo scopo di creare uno spazio sufficiente alle adunate oceaniche (la televisione non era ancora stata inventata) e pazienza per le alluvioni dei giorni nostri; i negozi di biciclette, vendita, riparazione e noleggio, sono poi stati sostituiti da banche, agenzie, pizzerie… ma, se pur affievolita, la passione per lo sport delle due ruote rimane grande nei nostri paesi, i colori delle maglie, il vento della corsa, le acrobazie in mezzo alle ammiraglie, gli scarti delle ruote, il sibilo dei freni, i clacson, le sirene… Ma esiste sempre anche il ciclismo praticato, la domenica sono numerosi i ciclisti che percorrono, a velocità più o meno scarsa ma con mezzi e abbigliamento di prim'ordine, le nostre strade; e dopo le mountain byke, invenzione degli anni ottanta, a movimentare il mercato sono adesso le bici elettriche (occhio ai furti che, sia per la crisi economica che per il maggior valore degli oggetti, sono tornati alla ribalta come nel dopoguerra e sono il segno innegabile di una ripresa del mercato) che, in barba ai puristi, permettono anche ai meno valorosi dal punto di vista atletico di percorrere molti chilometri delle nostre strade o sentieri in mezzo a paesaggi meravigliosi. Ecco, adesso ho capito cosa c’entra la bicicletta con l’associazione Amici di Arenzano, nata per la difesa del nostro ambiente.

11 febbraio 2019  Federico Boggiano

Articolo pubblicato sulla rivista "NOI Nuovi Orizzonti Insieme" dell'Unitre di Arenzano, Marzo 2019

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