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Conoscere e amare gli alberi

Prima di entrare nel 1987 a far parte del glorioso Corpo Forestale dello Stato, sciolto il 31 dicembre 2016 e confluito sotto l’Arma dei Carabinieri, non avevo capito appieno l’importanza dello studio. Pensavo infatti che conoscere le diverse specie di alberi fosse soltanto l’apprendimento di inutili nozioni. Grazie ai miei colleghi forestali più anziani ho imparato invece, dopo numerosi scappellotti correttivi, a distinguere un albero dall’altro guardando per prima cosa le foglie; poi il tronco, a seconda del portamento e della corteccia.
Nevicata - foto di Federico Boggiano
I colleghi mi hanno aiutato a capire dove preferiscono vivere le varie specie, a che altitudine ed in quali situazioni ambientali, quali caratteristiche e qualità hanno… sì, perché gli alberi hanno delle qualità, oltre a quelle generiche, proprie di tutti: incamerare anidride carbonica liberando ossigeno dalle foglie, fare ombra e proteggere i pendii dalle frane svolgendo una funzione idrogeologica sia con le radici che con le fronde, trattenendo e distribuendo l’acqua piovana. Possono sviluppare più o meno calore quando si brucia il loro tronco secco nella stufa, possono essere usati a seconda della dolcezza o durezza del legno per costruire diversi attrezzi di qualsiasi tipologia, mobili, cornici, statue (quelle delle nostre processioni, per esempio), sensibilissimi strumenti musicali, possono servire a edificare addirittura città sopra il mare grazie alla resistenza delle loro fibre nell’acqua (Venezia è costruita sopra i tronchi dei larici delle Dolomiti, immarcescibili nell’acqua di mare), le loro foglie fiori frutti e semi possono essere utilizzati a scopi alimentari o medici o in agricoltura...  Con i tronchi trasportati con grande fatica dai nostri antenati dai boschi di “Lurba” fino al mare attraverso sentieri in pietra, si sono costruite, nel corso di alcuni secoli, barche navi e chiatte che hanno permesso di vivere, grazie al lavoro nei cantieri navali, fino a oltre la metà del novecento, numerose famiglie di arenzanesi. Tale attività è ricordata molto bene dal museo “Spinti al largo” allestito presso la chiesa delle Olivete.

In definitiva mi sono reso conto che, conoscendoli meglio e distinguendoli uno dall’altro, gli alberi si possono apprezzare e amare di più. Lo stesso fenomeno si potrebbe verificare, qualche volta, anche nei riguardi di rappresentanti del genere umano…

Conoscere gli alberi e le loro caratteristiche, anche soltanto quelli presenti sulle nostre colline e montagne liguri, non è impresa da poco e non si finisce mai di imparare. Ho scoperto qualcosa a questo proposito frequentando gli abitanti dei paesini dell’entroterra, spesso comunicando in dialetto ligure montanaro (sì, ho anche appreso, con l’occasione, che in Liguria i dialetti cambiano uno dall’altro a pochi chilometri di distanza e soprattutto se la distanza si percorre… in salita o in discesa), provando di persona a tagliare i tronchi, trasportarli dal bosco al trattore, spaccarli a pezzi da poter utilizzare nel camino o nella stufa… Non bisogna scandalizzarsi se i tronchi vengono tagliati, spaccati, bruciati… gli alberi hanno un loro ciclo di vita, si tagliano quelli maturi per far crescere quelli più giovani che, altrimenti, non troverebbero spazio luce acqua, il bosco invecchierebbe senza ricambio. Certi alberi rinascono perfino dalla loro radice oltre che dai semi, hanno quella che si chiama proprietà pollonifera, la capacità di rigenerare un albero nuovo una volta tagliato il tronco alla base. Mi vengono in mente a questo proposito i tigli lungo via Marconi, la strada che si fa per andare al cimitero, con tutti i polloni, verdi di giovani foglie, che nascono in primavera alla base del tronco.

Spesso gli abitanti delle città non conoscono gli alberi e le loro caratteristiche, creando non pochi problemi a sé stessi e agli altri. Una caratteristica degli alberi è quella di crescere, sia sopra che sotto la terra. Di questo spesso non si tiene conto, piantando alberi che in pochi anni diventano enormi a breve distanza da casa o dai confini con i muri dei vicini. Le stesse persone che hanno piantato quei minuscoli abeti rossi usati per fare l’albero di Natale, dopo pochi anni restano stupiti, col naso all’insù, a guardare le fronde ricche di strobili (pigne), che hanno completamente invaso il loro piccolo giardino e minacciano le pareti e le grondaie del vicinato. Conoscere gli alberi vuol dire anche evitare problemi coi vicini spesso avendo torto! Gli alberi vanno messi a dimora nel posto adatto alle loro caratteristiche e tenendo conto del loro sviluppo futuro, sia per quanto riguarda il tronco e le fronde che le radici. La conoscenza degli alberi sarebbe importante non solo per gli abitanti dei paesi e delle città ma ancor più per gli amministratori, gli assessori all'ambiente, i giardinieri comunali… Quanti problemi di manutenzione creano sulle strade e sulle passeggiate le radici superficiali dei pini, ad esempio? E che tristezza vedere i tronchi che, crescendo, spingono contro l’asfalto e il ferro di certe strade e piazze di città! La responsabilità però non è da attribuire ai nostri compagni di vita, agli alberi, ma a noi, alla nostra scarsa conoscenza ed al poco rispetto e amore per il nostro stesso mondo. Possiamo migliorare, però, non è mai troppo tardi! Vorrei consigliare, a questo proposito, un libro di Mario Rigoni Stern dal titolo “Arboreto salvatico” in cui l’autore tratta, dimostrando competenza e amore ed usando il suo solito stile semplice e infarcito di ricordi personali, di alcune specie di alberi a lui particolarmente cari. Il titolo non è un errore di stampa, vuol proprio dire che gli alberi ci “salvano” con la loro presenza e compagnia in questa nostra breve escursione sulla terra.

Federico Boggiano

Articolo pubblicato sulla rivista NOI di Maggio 2019

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